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news e suoni dal mondo della musica…a cura di JMAO

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Ac/Dc live @ Wembley Stadium – Londra (Regno Unito), 4 luglio 2015

Pre-messa satanica: questo live report non sarà neutrale, ammesso che ce ne possano essere.
Tre i motivi principali: primo contatto live con gli australiani, sono un fan e stare a Londra nel week end pre-compleanno è stato come assaggiare la ciliegina ancor prima della torta.

Raccontare gli Ac/Dc non è affatto semplice, l’impatto è stato così intenso da inficiare le regole basilari dell’italiano. Quindi, se ci dovessero essere strafalcioni o frasi incomprensibili, siate clementi.
Sarebbe stato molto meno faticoso andare a Imola, considerando tutti i disagi e i ritardi apocalittici degli aerei forse sarebbe stato anche meglio.
Ma vedere Angus & Co. in un parcheggio gigante come quello di Imola non regge il confronto con il Wembley Stadium e le sue 90.000 persone.
Non è lo stesso sport e neanche lo stesso campo da gioco.

Sono le 18.00, prima di arrivare allo stadio incrocio qualche decina di migliaia di fan imbevuti a dovere. Mi adeguo alle solide regole del rock e alle 19.00 sono già sbronzo. Nel tentativo di occupare un tavolo mi sento osservato da sette individui poco raccomandabili. Dovrei lasciar perdere ma è troppo tardi, mi hanno già adottato come mascotte.
Verso le 19.30 siamo gonfi a dovere, canto canzoni di cui non so nulla e parliamo dell’Italia e di traduzioni degli insulti possibili.
Un pubblico così ubriaco lo avevo già visto ma altrettanto educato e ordinato no, mai.
Tutti sanno dove dirigersi e cosa fare, nessuno salta la fila. La conta dei potenziali furbetti del caso, che in Italia supererebbe il migliaio, qui dà 0. Tutto procede con perfida precisione al-bionica nonostante in giro non ci sia l’ombra di un poliziotto.
Ma come fa(ra)nno i marinai si chiedeva qualcuno…

Alle 20.25 le luci vanno giù, è ancora giorno mentre alcuni riff fanno da sottofondo al video introduttivo. Comete, asteroidi, esplosioni, una presentazione pirotecnica che scatena il ruggito delle 90.000 anime. È qualcosa che non si può dimenticare.
Il primo riff, con la potenza distruttiva di un sisma, arriva a volume ILLEGALE. Il concetto di acustica, pulita e separata dai vari canali, viene spazzata via dal rimbombo della cassa e basso che, incanalandosi nelle strutture metalliche, creano un effetto ottundente.
Partenza con il botto, sicura e decisa, l’opener Rock Or Bust lascia velocemente posto a Shoot To Thrill, un colpo al cuore letale.
I nostri sono in forma e si vede, perché di sentire bene non c’è verso. È il volume a comandare non la qualità, ma poco importa stasera perché Brian e soci si prendono il lusso di sparare un doppio colpo da tiratori scelti. Hell Ain’t A Bad Place To Be e Back In Black fanno dimenticare tute le imprecisioni decretando la loro vittoria già nella prima mezz’ora di show. Il pubblico è conquistato, a ballare non sono solo i ragazzini o gli adulti ma anche le impalcature dell’intero stadio.
Il trittico Dirty Deeds Done Dirt Cheap, Thunderstruck e High Voltage ipotecano la prima parte dello show. Da sole basterebbero a giustificare il prezzo del biglietto e tutto il travaglio pre-concerto, comprese le maledizioni mandate dal fegato annaffiato da bionde frizzanti.

Al suono della campana, e prevedibile come la salivazione dei cani di Pavlov, arriva Hells Bells. Il fantasma di Bon Scott aleggia sullo stadio mentre le braccia sono tese al cielo. Il gesto apotropaico delle corna e le danze sfrenate sono la prova definitiva del raggiunto climax.
La pelata di Chris Slade luccica mentre i colpi inferti alle pelli sostengono la ritmica insieme a Cliff. Stranamente, e a differenza del resto della band, audio e video del batterista appaiono fuori sincrono sui maxi schermi. Ho un dubbio, più d’uno sinceramente, ma in fondo chi se ne frega.
Non paghi di aver messo lo stadio in fiamme, a rincarare la dose arrivano You Shook Me All Night Long, cantata all’unisono da tutti gli hard rock lovers, e Sin City. Un regalo più bello di questo non si poteva chiedere davvero.

Shoot Down In Flames è seguita da Have A Drink On Me, chicca che non avresti lontanamente immaginato di poter sentire dal vivo. Ogni pinta si leva augurando agli Ac/Dc altri cento anni di Rock and Roll.
T.N.T. e la stratosferica Let There Be Rock, con tanto di assolo finale, chiudono lo show. Angus imbecca il pubblico preparato e attento. È un gioco di memoria e incastri, tutti sanno quando intervenire o rimanere in silenzio.

Dopo essersi congedati per cinque minuti, il primo a rientrare è ancora Angus che si proietta in un assolo, con tanto di caduta controllata, durante cui si contorce prima dell’arrivo di Highway To Hell, accolta da un boato.
Sulle note di For Those About To Rock (We Salute You) siamo ormai in dirittura d’arrivo. L’accelerazione ritmica finale e quel “Fire!”, comando perentorio a dar fuoco alle polveri, sono la degna conclusione di questo spettacolo, omaggiato da una standing ovation collettiva.

Pagano la volontà di pescare dal passato più ingombrante (Bon Scott Era) e sicuramente più importante dal punto di vista artistico, l’asciuttezza dello spettacolo sfrondato di spogliarelli, assoli lunghi e versioni stiracchiate tirate fino alla noia.
Un totale di due ore in cui parole chiave sono state efficacia e sintesi per un Rock and Roll di matrice blues diretto e veloce.
Poche chiacchiere, molta musica, storica e intramontabile.

SETLIST:

Rock or Bust
Shoot to Thrill
Hell Ain’t a Bad Place to Be
Back in Black
Play Ball
Dirty Deeds Done Dirt Cheap
Thunderstruck
High Voltage
Rock ‘n’ Roll Train
Hells Bells
Baptism by Fire
You Shook Me All Night Long
Sin City
Shot Down in Flames
Have a Drink on Me
T.N.T.
Whole Lotta Rosie
Let There Be Rock

Encore:
Highway To Hell
For Those About To Rock (We Salute You)

fonte articolo e foto – xtm.it – giuseppe celano